Rita Atria, la settima vittima di Via D’Amelio. Le confessioni a Borsellino e il suicidio

A distanza di una settimana dalla Strage di Via D’Amelio ci fu un suicidio che viene sempre ricordato con la morte di Paolo Borsellino. Sono due morti conseguenti, quasi collegate. La vita del magistrato Borsellino è come se fosse unita dal destino a quella di Rita Atria, testimone di giustizia che, solamente una settimana dopo l’attentato del 19 luglio 1992, decise di togliersi la vita a Roma. Rita muore il 26 luglio 1992. Un tonfo rompe il silenzio di un pomeriggio romano di afa. Il corpo di una ragazza viene giù dal settimo piano. Nessuno la conosce, ma tutti scopriranno la storia di quella ragazza che si è buttata giù dal settimo piano di Viale Amelia numero 23.
Rita è una ragazza sveglia, ha 17 anni. È nata e cresciuta in una famiglia mafiosa, ma capisce subito che la forma della sua libertà è quella della collaborazione con lo Stato. Comincia così, dopo la morte di suo padre (il boss Vito Atria) e di suo fratello Nicola in attentati mafiosi, la collaborazione con Paolo Borsellino. Al magistrato palermitano Rita confesserà i segreti delle famiglie mafiose di Partanna, in provincia di Trapani, e gli intrecci tra mafia e politica. Rita vuole studiare, e mentre si allontana dal suo paese, e dai rituali stanchi dell’educazione mafiosa, decide di dare un taglio netto alla sua vita. Comincerà così un lungo percorso di collaborazione con Borsellino che porterà Rita a trasferirsi a Roma, per motivi di sicurezza.
Proprio a Roma saprà della Strage di Via D’Amelio e sarà lì, in quelle stanze solitarie, che progetterà la sua morte. Molti, infatti, hanno interpretato il gesto di Rita come un atto di ribellione: senza Borsellino, la sua guida e la sua protezione, era tutto finito, e nulla sarebbe stato come prima. A sua cognata, Piera Aiello, oggi parlamentare, poco prima di morire disse: “Se dovessi morire non devi piangere, anzi, brindare, perché finalmente, raggiungerò le persone che ho veramente amato, mio padre e mio fratello. Ho preso una decisione importate, ma non posso dirti niente, te lo dirò al tuo ritorno”.
“Ci sono storie che non sbiadiscono, storie che racchiudono in sé tutti i fotogrammi di una tragedia antica ed al contempo raccontano anche la nostra triste attualità. La storia di Rita Atria, la ragazza che ancora minorenne raccontò a Paolo Borsellino ed alle sue sostitute procuratrici, i segreti della mafia di Partanna, è in realtà un percorso dentro la vita di una famiglia mafiosa e di un’intera società”, ha scritto in una prefazione a un libro dedicato a Rita la sostituta procuratrice nazionale antimafia Franca Imbergamo.