“Quanto ti vergogni di tuo figlio disabile?”: il questionario choc del Campidoglio

Quanto male può fare una domanda sbagliata? Molto. È a Roma con un questionario dedicato alle famiglie dei disabili gravissimi, per accedere ai fondi destinati ai caregiver. Madri e padri sono stati invitati a fare una valutazione autonoma con una domanda choc: “Quanto di vergogni di tuo figlio? Quanto ti senti in imbarazzo per il suo comportamento? E quanto risentimento provi nei suoi confronti? Indicalo facendo una crocetta su un punteggio che va da zero a quattro”.
Ogni punteggio ha un suo significato: uno significa poco; due moderatamente; tre parecchio e quattro molto. Il questionario dello scandalo, confezionato dal Comune di Roma, ha creato un dibattito accesissimo su questa domanda così poco sensibile. L’iniziativa, denominatata “Caregiver burden inventory”, è considerata come uno strumento di valutazione del carico assistenziale; uno strumento – si legge nella nota – di rapida compilazione e di semplice comprensione.
Una semplice comprensione che, però, ha provocato un dolore per molti familiari che si sono dovuti chiedere quanta vergogna provi per avere un figlio disabile. Il questionario, ritenuto dagli uffici comunali utile a misurare lo stress di chi assiste un disabile gravissimo, è stato condannato da due associazioni in prima fila: “Oltre lo sguardo” ed “Hermes”. “Lo stress – sottolinea Loredana Fiorini di Hermes a Repubblica Roma – non va misurato, è risaputo che c’è. chi si prende cura di un disabile gravissimo più che contributi e bonus chiede servizi, assistenza e riconoscimenti. Chiedono questo i caregiver di Roma e del Lazio. E sicuramente non si vergognano dei loro figli!”.
Molti genitori di Roma e del Lazio si sono detti profondamente offesi da quella domanda insensibile. Valentina Perniciaro, mamma di Sirio, bambino di 7 anni affetto da tetraparesi e autrice del libro “Ognuno ride a modo suo” (Rizzoli) ha commentato: “Chissà se chi ha scritto quelle domande ha mai vissuto un minuto da caregiver, chissà se chi ci pone quelle domande si è mai immaginato persona con disabilità, si è mai immaginato fragile, necessitante di cure e assistenza ma comunque persona. Persona con il suo diritto alla vita, alla dignità, alla felicità. Ci chiedono se abbiamo vergogna dei nostri figli, quando la vergogna la proviamo ogni giorno nel rapportarci con uno Stato che non sa vedere i bisogni, non sa personalizzare la risposta, non sa sostenere psicologicamente ed economicamente. La vergogna la proviamo quando siamo costretti a compilare dei moduli che andrebbero solo stracciati”.