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Puglia: prendono a calci e pugni ragazzo disabile filmando il tutto

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Bulli in azione in Puglia, un vile atto di bullismo che si è consumato nella sala d’attesa della stazione ferroviaria di Galatina, in Salento. Un ragazzo minorenne è stato brutalmente pestato da un gruppo che si autodefinisce “La gang del bosco”. L’aggressione è stata anche ripresa con un telefono cellulare da una ragazza del gruppo, che mostra una violenza inaudita, con calci sferrati anche alla testa della vittima, un sedicenne invalido al 100% e affetto da diabete.

Questo episodio, ha scosso profondamente la comunità locale, ed evidenzia ancora una volta la gravità e la diffusione del fenomeno del bullismo tra i giovani. La facilità con cui l’aggressione è stata ripresa e presumibilmente anche condivisa sulle chat whatsapp senza considerare la pericolosà del gesto, evidenza questa nuova tendenza alla spettacolarizzazione della violenza, amplificando il trauma per la vittima e banalizzando la serietà dell’atto.

Le conseguenze psicologiche per chi subisce atti di bullismo possono essere devastanti e durature, spaziando da ansia e depressione a problemi di autostima, difficoltà di concentrazione e, nei casi più gravi, a pensieri suicidi. È fondamentale un intervento tempestivo e multidisciplinare per supportare la vittima e affrontare le cause profonde di tali comportamenti violenti.

Come sottolineato dall’Ordine degli Psicologi della Puglia, è impellente un impegno collettivo da parte delle comunità, partendo dalle scuole, arrivando alle famiglie e finendo alle istituzioni per educare i giovani al rispetto dell’altro, alla solidarietà e all’accoglienza delle diversità. La presenza di psicologi scolastici ed educatori professionali può rappresentare un valido supporto per intercettare precocemente situazioni di fragilità e prevenirne l’escalation in violenza.

Parla la madre del ragazzo aggredito

Le parole della madre del quindicenne aggredito a Galatina esprimono tutta la sua angoscia e il profondo trauma subito dal figlio: “Mio figlio sta male. Ha paura e non vuole uscire da casa. Ha paura di incontrare ancora una volta i suoi aggressori per strada“. La sua rabbia è palpabile di fronte a un atto di violenza gratuita e feroce nei confronti di un ragazzo con gravi problemi di salute. La sua incredulità si scontra con la cinica ammissione di uno degli aggressori: “Lo abbiamo fatto perché volevamo far vedere che siamo forti“.

L’amarezza della madre si estende anche all’incontro infruttuoso con la madre di uno dei bulli, che ha negato la gravità dell’accaduto e ha respinto ogni tentativo di confronto. Questo muro di indifferenza solleva interrogativi inquietanti sul contesto educativo in cui certi ragazzi crescono e sulla capacità delle famiglie di riconoscere e affrontare comportamenti devianti.

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