Pier Luigi Farnese. La difesa di Manfredonia e il sacco de’ Lombardi

Pier Luigi Farnese. La difesa di Manfredonia e il sacco de’ Lombardi
Fig. 1Ritratto di Pier Luigi Farnese, dipinto a olio su tela di Tiziano, realizzato nel 1546 e conservato nel Museo nazionale di Capodimonte, Napoli.(Ph. Pubblico dominio)

Nacque a Roma il 19 novembre 1503, figlio naturale del cardinale Alessandro Farnese, che nel 1534 divenne papa col nome di Paolo III (Fig. 2), e di una gentildonna romana Silvia Ruffini. Per la sua formazione educativa il padre scelse due umanisti di fama, Baldassarre Melossi e il nipote Stefano Nigri. Nonostante l’impegno educativo dei precettori, manifestò sin dalla sua adolescenza quella irrequietezza e mancanza di equilibrio che caratterizzerà l’intera sua vita. Intraprese giovanissimo il mestiere delle armi e a soli diciassette anni, assieme al fratello Ranuccio, si arruolò come mercenario al servizio della Repubblica di Venezia. Poco dopo, nel 1521, divenne capitano delle milizie fiorentine inviate ad affiancare l’esercito imperiale, impegnato nel Ducato di Milano a combattere le truppe francesi. Seguitò la sua attività di capitano dell’esercito fiorentino fino all’estate del 1523,quando chiese e ottenne di far parte delle truppe imperiali di Carlo V, dichiarandosi fedele all’imperatore. Partecipò quindi con le milizie di Carlo V e dei Colonna, e assieme ai Lanzichenecchi, al sacco di Roma del 1527.

Fig.2 Ritratto di papa Paolo III Farnese, Museo Nazionale di Capodimonte Napoli. Il quadro a olio su tela è stato dipinto nel 1543 da Tiziano Vecellio (1448/1490-1576). (Ph. Pubblico dominio)
Il fratello Ranuccio, vescovo di Corneto e Montefiascone, invece continuerà a seguire le truppe del papa Clemente VII che si erano asserragliate in Castel Sant’Angelo. Dopo il Sacco della Città Eterna, Pierluigi continuò la sua deprecabile attività di profanazione di chiese e di saccheggi di città della Campagna romana. Il papa si rese conto che occorreva porre un freno alle sue riprovevoli scorribande e lo scomunicò. Contro di lui furono approntate due spedizioni militari che si recarono presso la città di Castro che egli aveva occupato. Riuscì, nel frattempo, ad allontanarsi dallo Stato della Chiesa spostandosi nel Regno di Napoli, sempre al soldo dell’imperatore Carlo V che cercava di contrastare l’avanzata francese nel regno. Gli scontri avvennero principalmente in Puglia e in questa regione, al comando di 2000 soldati, riuscì nella difficile impresa della difesa della piazza di Manfredonia dalle truppe francesi mandate dal Lautrec (Fig. 3), con al comando Camillo Orsini[1].Il principe assediò la città via terra con 4000 soldati e contemporaneamente venne effettuato un blocco navale da parte della flotta veneziana costituita da 25 galee e comandata dal conte Almorò Morosini. Federico Oderici, in “Pierluigi Farnese e la Congiura Piacentina del 1547”, così scrive a proposito dell’assedio di Manfredonia: <<.. affidavano gl’imperiali a Pier Luigi duemila fanti per ispedirlo in Puglia alla guardia di Manfredonia, che intrepidodifese contro Camillo Orsini. Perocchè presidiata poderosamente quella città, risoluto a difenderla d’ogni insulto nemico,…, mentre il Farnese ributtava un assalto che da terra come dal mare aveva tentato l’Orsino contro Manfredonia, talchè fu stretto lasciarla.>>[2].

Fig. 3 Ritratto di Odet de Foix di Michel Sittow, conservato nel Palazzo reale di Madrid, (1483–1485 – Napoli, 15 agosto1528), è stato un generalefrancese, maresciallo di Francia dal 1511. Fu conte di Lautrec, Comminges, Foix, Rethel e Beaufort, signore d’Orval, Chaource, Marais, Isles e Villmur.(Ph. Pubblico dominio)
La città era difesa anche da altri condottieri: Carlotto da Parma, Alessio Lascaris e dal fratello di Ettore Fieramosca, Guidone (Fig. 4). Quest’ultimo risulta presente in città anche precedentemente, nel 1523, quando si trasferì a Manfredonia per seguire i lavori di fortificazione della città su ordine del vicerè Carlo di Lannoy e vi risiedette fino alla fine del mese di agosto dello stesso anno.
Nel mese di agosto del 1528 fu sparsa la voce che la piazza di Manfredonia era caduta e che nella sua difesa Guidone Fieramosca era stato ucciso. Tutto falso, perché la notizia era palesemente infondata.In realtà, il nuovo vicerè di Napoli, Filiberto di Chalon principe d’Orange, restituì a Guidone Fieramosca i feudi di Roccadevrando e Camino proprio per i servigi resi nella difesa dellacittà. Ranuccio Farnese, fratello di Pierluigi,così come nel quasi contemporaneo sacco di Roma,militava nel campo avverso, al soldo dell’alleanza franco-veneta. Proprio durante l’assedio di Manfredonia morirà durante lo scontro con le truppe imperiali<<…, messi in fuga i cavalli di Rinuccio Farnese che aveva fatto una sortita e presi molti prigionieri, ammalatosi, poco dopo moriva tra il compianto dei soldati e dei capi della spedizione.>>[3].

Fig. 4 Monumento funebre di Guido Fieramosca Abazia di Montecassino (FR) 1535 circa. La moglie di Guido, Isabella dei Castriota Scanderbech sovrani d’Albania, commissionò il gruppo scultoreo a Giovanni Merlianoda Nola (1488-1558). Nel sarcofago sarebbero custodite oltre alle spoglie di Guido Fieramosca anche quelle della moglie Isabella e dei sui tre fratelli, tra cui il famoso Ettore.
Solo Manfredonia riuscì a resistere alle truppe francesi inviate da Odet de Foix signore di Lautrec. La resistenza della città all’assalto delle milizie franco-venete fu talmente valorosa e ben congegnata che, come riferisce il Sarnelli: <<imperocchè il Capitano Lautrechꬵu costretto á partirſene vuoto d’effetto, come aꬵꬵermano tutti que’ ſeriuono le coſe del Regno.>>[4]. Manfredonia uscì stremata dal conflitto e il Sarnelli così riferisce della condizione della città: «L’Oranges Viceré di Napoli per Carlo V, mandò Andelottocò due mila Lombardi in presidio della Città. Ma questi portandosi peggio, che da nimici, messero a sacco, e ridussero a desolatione la Città, gettando a terra 800 case, restandone in piè solamete 150, si tolsero 12 Artigliarie, vendettero il bestiame de’ Cittadini agli stessi Venetiani nemici, né perdonarono al sangue dè Sipontini, molti de’ quali si fuggirono in Bari, Lecce e Dalmatia, restandovi ducento sole famiglie. La qual cosa molto dispiacque al Viceré, havendosperimetato questi soldati cotanto infedeli, che, in vece di difendere, offesero scelleratamente così fedeli vassalli del Rè di Spagna.»[5]
Anche lo Spinelli così descrive il saccheggio: <<Sotto il comando di un certo Andelotto un’Essercito di quattromila Lombardi, che fe Gente peggiore de’ Nemici Francesi, perché venne in Manfredonia con disegno d’assassinare la Città, e la saccheggiarono, e la ridussero in una quasi totale desolazione, …, gittò a terra 800 Edifici de’ Cittadini, appena restandone in piedi 200. Perdettero la vita 1700 Persone Cittadine, e gli altri spaventati fuggirono in Bari, Lecce, ed in Dalmazia, con esservi appena rimaste nella rovinata Città 200 Famiglie.>>[6].
A onor di cronaca bisogna mettere in evidenza che nella documentazione presente nel libro dei conti relativo alla “Fabbrica del Castello di Manfredonia”[7], redatto dal castellano don Lorenzo Hernandez Heredia, non si fa cenno al saccheggio e alla uccisione di 1700 manfredoniani, così come riportato dallo Spinelli e dal Pascale[8]. Nel libro dei conti suindicato si fa riferimento infatti alla difficoltà di trovare uomini per i lavori di riparazione del castello poiché << tutti erano fuggiti per la venuta de li soldati lombardi>>. Il Sarnelli del resto non parla di una strage di cittadini sipontini (1.700)nella sua cronaca dell’assedio della città, specificando che molti fuggirono in altre località.

Fig. 5 Ritratto dell’Imperatore Carlo V d’Asburgo,è un dipinto a oliosu tela di Tiziano, databile tra il 1533 e il 1535 circa e conservato nel Museo di Capodimonte a Napoli. (Ph. Pubblico dominio)
Del sacco de’ Lombardi vi è invece conferma attraverso la lettura del Privilegio I dell’Imperatore Carlo V(Fig.5)(8 luglio 1533) <<” La città di Manfredonia, fedelissima, schiava e vassalla di V.M. Cesarea, in ricompensa delle tante stragi, ruina, incendi, effusione di sangue, danni, in ricompensa della fedeltà mostrata durante l’assedio di questa città da parte de’ nemici di V.M., dai soldati italiani e spagnoli, supplicano V.C.M. di confermare tutti i privilegi,…”>>[9]. Si fa cenno al saccheggio della città anche in cronache dell’epoca <<…Ma le soldatesche di queste province è malamente disciplinata e disarmata, come si vide due anni orsono nel sacco di Manfredonia.>>[10].

Fig. 6 Ritratto del Papa Clemente VII Medici, è un dipinto a olio su tela di Sebastiano del Piombo databile al 1531 e conservato al Getty Museum di Los Angeles.(Ph. Pubblico dominio)
La Puglia verrà alla fine riconquistata dagli spagnoli ponendo fine al lungo assedio della città di Manfredonia. Il papa Clemente VII Medici(Fig.6) venne ad accordi con Carlo V, a conclusione dei quali venne firmato il trattato di Barcellona(giugno 1529) che prevedeva la restituzione al papa di tutti i territori che gli erano stati sottratti, in cambio del riconoscimento della supremazia imperiale in Italia, del reintegro degli Sforza nel ducato di Milano e dei Medici a Firenze. Il trattato prevedeva anche l’incoronazione di Carlo V a Imperatore del Sacro Romano Impero da parte del papa (Bologna, Basilica di San Petronio, 24 febbraio 1530). Poco dopo, anche l’altro contendente, Francesco I, è costretto a firmare nell’agosto del 1529 il trattato di pace di Cambrai, ponendo fine alla guerra della Lega di Cognac.
Nel 1529 Pierlugi Farnese, riconoscendo le proprie colpe, ottenne il perdono papale e il ritiro della scomunica maggiore. Una svolta inattesa fu l’elezione del padre, il cardinale Alessandro, al soglio pontificio con il nome di Paolo III. Questa elezione permise a Pier Luigi la nomina a duca di Castro e a Gonfaloniere della Chiesa. Con quest’ultimo incarico il condottiero iniziò la sua attività viaggiando attraverso i territori dello Stato della Chiesa. È proprio durante questa sua mansione di comandante le truppe pontificie che avvenne lo squallido episodio noto come lo “stupro di Fano”. Vicenda che portò di lì a poco alla morte del giovane vescovo di Fano Cosimo Ghieri. Al padre erano ben noti i suoi amori amorali e fece inviare una missiva (Lettera di Mons. Ricalcati, del 17 ottobre 1535) allo scandaloso figlio nella quale gli si rimproveravano gli amori con i ragazzi. Del resto,a tutti era risaputa la sua pessima condotta morale. Divenne duca della città di Castro e ottenne dall’imperatore l’investitura del marchesato di Novara che consentiva notevoli entrate fiscali pari a 14 mila lire l’anno. Proseguì nella sua attività più proficua, l’arte militare, conquistando il ducato di Camerino e nel 1540 assoggettò la ribelle città di Perugia. Dopo queste imprese terminò la sua vita dissoluta e si dimostrò, oltre che un abile uomo d’armi, anche un buon amministratore dei suoi domini. Riuscì, grazie all’aiuto del padre, il papa Paolo III, e grazie anche ai servigi resi alla corte imperiale di Carlo V, a ottenere il ducato di Parma e Piacenza. Stabilitosi nella città di Piacenza riportò ordine nel ducato, precedentemente attanagliato dall’anarchia e dalle continue scorribande delle truppe francesi e spagnole. Iniziò la costruzione della “Cittadella”, fortificazione militare atta alla difesa della città. Fu un buon amministratore e approvò provvedimenti per il miglioramento delle industrie della seta e della lana e per l’agricoltura, che rifiorì. La sua buona amministrazione irritò l’aristocrazia del ducato. Né approfittò Ferrante I Gonzaga, governatore di Milano, che aveva in odio i Farnese. Ferrante I ordì una congiura alleandosi con i nobili piacentini e il 10 settembre 1547 Pier Luigi fu assassinato e defenestrato da una stanza della cittadella di Piacenza.
A cura dell’Arch. Michele Di Lauro.
(Il materiale contenuto in questo articolo può essere riprodotto, in tutto o in parte, per scopi non commerciali, purché siano citati l’autore e la fonte)
[1] F. ODERICI,Pierluigi Farnese ela Congiura Piacentina del 1547, Ripamonti, 1870, Milano, p.6.
[2] F. ODERICI, op.cit., p. 6
[3] P. ROSSO, Ristretto dell’Istoria della città di Troia…, Foggia officine Grafiche, 1987, pp. 295, 297
[4] P. SARNELLI, Cronologia de’ Vescovi et Arcivescovi Sipontini, Centro di Documentazione Storica di Manfredonia, ristampa anastatica, Arnaldo Forni editore, 1986, p. 320.
[5] Ibidem, pp. 320, 321.
[6] M. SPINELLI, Memorie Storiche dell’Antica e Moderna Siponto, Manfredonia, Civiche Biblioteche Unificate, p. 222
[7] C. SERRICCHIO, La fabbrica del castello di Manfredonia in un libro di conti del 1507 – 1509, in Atti dell’VIII Convegno Nazionale sulla Preistoria, Protostoria, Storia della Daunia (San Severo, 12-14 dicembre 1986), pp. 189-241.
[8] L.PASCALE, L’antica e la nuova Siponto, Firenze, Conti–Rifredi, 1932, pp.190-191
[9] P. OGNISSANTI, L’Università Sipontina nel ’500, Archivio Storico Sipontino, Appendice IV, 2002, pp. 211, 212.
[10]T. PEDIO, Napoli e Spagna nella prima metà del Cinquecento, Cacucci, Bari, 1971, p. 397 – “Vettor Soranzo al Consiglio dei Savii il 23 luglio del 1528 da Trani” in M. Sanuto, Diarii, t, XLVIII, c. 335. Riportato in Pasquale Ognissanti, op. cit.p.206.