Fede e religione

Le porte di bronzo di San Michele sul Gargano

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LE PORTE DI BRONZO DI SAN MICHELE SUL GARGANO.

Per trattare questo affascinante soggetto non può bastare un singolo post. Infatti, ne seguirà un altro più in là, altrettanto interessante, sul significato delle singole formelle. Ma di cosa stiamo parlando? Di quello che per la maggior parte dei visitatori che si recano presso la grotta-santuario di San Michele Arcangelo, a Monte Sant’Angelo, passa inosservato: le bellissime porte di bronzo, collocate all’entrata della grotta.

Addentriamoci in questa allettante storia facendo un passo indietro nel tempo.

Le porte di bronzo fanno parte degli avvenimenti che caratterizzarono la vita del Santuario garganico, tanto prima che dopo il Mille, quando, non essendosi verificata la predetta fine del mondo, migliaia e migliaia di pellegrini, con spirito risollevato e pieno di gratitudine, presero ad affollare le grandi vie romee verso l’indulgenza plenaria che si poteva acquistare soltanto nelle quattro grandi mete del misticismo: Roma, Compostela, il Gargano e, prima fra tutte, la Terra Santa.

Daniele Perla, nel suo “Le porte di bronzo di San Michele sul Gargano”, così introduce il suo studio: “All’avvicinarsi di religiose solennità, carovane di devoti partivano alla volta dei luoghi sacri e tutti avevano un distintivo per la meta da raggiungere: quelli diretti a Roma portavano delle chiavi disegnate sopra il sanrocchino; quelli per la tomba di San Giacomo, una conchiglia sul cappello; quelli del Gargano, un ramoscello di pino silvestre legato al bordone o sulla punta del bastone e quelli di Terra Santa, una palma a ricordo dell’entrata di Gesù in Gerusalemme, otto giorni prima della Pasqua.

Proprio la Terra Santa fu teatro delle più stravaganti passionalità con le Crociate, quando papi e principi appuntavano il simbolo della croce sul petto di tanti campioni della fede, ansiosi di strappare agli infedeli la terra del Santo Sepolcro. Ecco: moltissimi furono quei crociati che prima d’imbarcarsi nei porti pugliesi per raggiungere la Terra Santa andarono a prostrarsi ai piedi dell’Arcangelo, quasi a chiedergli più calore e protezione nella lotta per l’onorevole causa o a ringraziarlo nel ritorno per aver avuto salva la vita.

E tutti ammirarono le bellissime “Porte di Bronzo” che già da venti anni erano arrivate da Costantinopoli per adornare l’ingresso della Sacra Spelonca. Esse, infatti, sono del 1076, mentre la prima crociata fu indetta a Clermont da papa Urbano II per il giorno dell’Assunzione del 1096.

Esse furono lavorate a Costantinopoli, create da mani sapienti che avevano saputo conservare nel cuore l’antica prestigiosa arte dei padri.

Le porte di bronzo, per chi ha la doverosa sensibilità per apprezzarle, rappresentano qualcosa meraviglioso: lo stupore da esse suscitato andava sulle bocche delle moltitudini che guardavano sempre con occhio particolare alla suggestiva dimora dell’Arcangelo, in cima alla sacra vetta garganica.

Il Perla ci ricorda, infatti, che tale opera portentosa era stata trasportata a dorso di buoi e già circonfusa da un alone di leggenda per via di un periglioso viaggio che fece da Costantinopoli a Siponto. Durante la traversata, una violentissima burrasca si era levata con ondate alte e travolgenti, mentre il cielo era sempre più nero e minaccioso. Accorgendosi la ciurma che la nave imbarcava acqua da tutte le parti, pensò bene di alleggerirla buttando in mare il carico più pesante, fra cui une delle due imposte.

Raccontano i cronisti che il mare presto si rabbonì e i marinai, stupiti e confortati, attribuirono quel miracolo a San Michele: promisero quindi di andarlo a ringraziare avendo avuto salva la vita, anche se gli portavano la sola mezza porta rimasta.

Ma quale fu la loro meraviglia nel vedere – approdando nel porto di Siponto – che l’altra imposta seguiva il naviglio spinta dalle onde in un dolce molleggio. Quelle acque prima minacciose si erano subito rabbonite al contatto della porta destinata all’Angelo Celeste.

Le “Porte” arrivarono sulla montagna fra una moltitudine curiosa e commossa che unì il suo plauso al suono festante delle campane. Tutti erano impazienti di ammirare l’opera meravigliosa e tutti ne parlavano con passione e anche con tanta immaginazione, quasi si trattasse di un tesoro rinvenuto. Quando finalmente arrivò il sospirato giorno della inaugurazione, le strade della città furono invase da una brulicante e variopinta moltitudine che innalzava preci e canti all’indirizzo dell’Arcangelo.

Se fossero in vita quei tali scritti e documenti andati distrutti e mai rammentati da alcuno, si potrebbe fare una ricostruzione di quella festa imponente e grandiosa che si protrasse per lunghe ore nel suono festoso delle campane che si dilatava lontano verso il mare. Era l’epoca in cui i Normanni erano già padroni della Puglia, quando Rainulfo aveva avuto Siponto, Monte Gargano con sue adiacenze “et honoris titulo Montis S. Angeli”, e certamente intervenne a quella grande manifestazione insieme ai rappresentanti che i due fratelli Ruggero e Roberto il Guiscardo inviarono per meglio amicarsi i fedeli di San Michele.

Le porte di bronzo, quindi, sono state fuse in Costantinopoli nell’anno 1076 e donate da Pantaleone di Amalfi, lo stesso ricco signore che offrì qualche anno dopo anche le splendide porte di bronzo della Basilica di San Paolo fuori le mura, in Roma, così come con tutta chiarezza appare inciso nella penultima fascia orizzontale: “Hoc opus completum est in regia urbe Constatinopoli adiuvante domino Pantaleone qui eas fieri iussit anno ab Incarnatione Domini millesimo septuagesimo sexto”.

Alberto Cavallini, in un suo studio sulle porte, ci spiega che esse sono alte 3,30 m e larghe 2,10 m e presentano un’intelaiatura bronzea punteggiata da numerose borchie di ottone e composte da fasce orizzontali e verticali che incastonano 24 bronzei pannelli, costituenti le pregevoli icone, ammirate da secoli da pellegrini, studiosi, viandanti.

All’altezza della quarta fascia orizzontale, le porte sono adornate da sei testine di leone in ottone dalla cui bocca pende un anello. La pregevole opera di arte bizantina è adornata da un bel portale romanico costituito da colonne e pilastri con capitelli a foglie e fiori su cui vi sono archi a pieno sesto che delimitano un timpano, oggi vuoto, e su cui sono incise le parole dell’Arcangelo rivolte al santo vescovo di Siponto e che ricordano che il luogo visitato è un luogo speciale per ottenere il perdono chiesto dal pellegrino: “Ubi saxa panduntur ibi peccata hominum dimittuntur. Haec est domus specialis in qua quaeque noxialis actio diluitur”.

Molti scrittori e studiosi si sono cimentati nell’ipotesi di supporre o ritrovare qualche traccia dell’autore materiale dell’opera dimenticando che secondo i canoni iconografici classici, esso è e resterà per sempre ignoto in quanto semplice mezzo usato dalla divina Grazia per trasmetterci e farci risalire attraverso l’opera stessa al Prototipo, la fonte di ogni Luce.

Non ci resta che ammirarle, per elevarci, attraverso di esse, alla dignità di poter oltrepassare la soglia del sacro speco.

Nei prossimi post tratteremo, come accennato, delle singole formelle, il loro significato e messaggio e di altri dettagli simbolici e storici di questo splendido manufatto.

Archivio di Giovanni BARRELLA.

Testi:

– A. Cavallini, “BIBBIA E ARTE. RESTAURO DELLA PORTA DI BRONZO, SANTUARIO DI S. MICHELE, GARGANO”;

– D. Perla, “Le porte di bronzo di S. Michele”.

(foto tratte dai testi e dal sito: “Le porte di bronzo di S. Michele sul Gargano” di Daniele Perla, FONDAZIONE FEDERICO ZERI, UNIVERSITÀ DI BOLOGNA e “La porta di bronzo della Reale Basilica Palatina di S. Michele in Monte Sant’Angelo” di Giovanni Tancredi, a cura di G. Bertelli e D. L. Moretti)

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