Dopo oltre 60 anni torna a galla, seppur solo in senso metaforico, il Peppinella. Era il 1958 quando la città di Manfredonia affidò ad una piccola nave mercantile il sogno di un riscatto economico che poteva arrivare, si sperava, dai traffici commerciali con l’estero.
Tante furono le aspettative riposte nell’iniziativa e venne addirittura costituita appositamente una Compagnia armatoriale “come primo passo per il potenziamento, anche nel campo del traffico marittimo, di questa città di cui tanta parte vive nel mare e per il mare”, come fu scritto nella delibera consiliare con la quale il Comune offriva “la bandiera nazionale”. “Sia la prima di una lunga serie di navi – si legge ancora nella delibera – che arricchiscano il nostro Porto e potenzino l’intera provincia Dauna”.

Nel suo viaggio inaugurale, invece, accadde l’irreparabile. Era ancora notte fonda quando il Peppinella lentamente incedeva nel canale della Manica avvolto dalla nebbia. Ma a circa una ventina di miglia dalla costa inglese, fu improvvisamente speronato da un cargo norvegese, il Sun Oak, di stazza dieci volte maggiore.
“Erano le 4,30 e stavo preparando il caffè, quando fui sbalzato da un violento scossone”, ha ricordato in un’intervista Paolo D’Angelo, fondatore dell’AVIS di Manfredonia recentemente scomparso, ed all’epoca cuoco di bordo sul Peppinella. “Ci rendemmo subito conto di quello che era successo dall’inclinazione che la nave assunse e dell’acqua che invadeva velocemente la nave”.

In soli sette minuti il Peppinella colò a picco con il suo carico di ferro, trascinando a fondo le speranze di una città desiderosa allora come oggi di fare del proprio mare il suo punto di forza. La storia del Peppinella ebbe risonanza in tutto il mondo e finì anche sulla prima pagina dello speciale settimanale a colori del Corriere della Sera, poiché il suo comandante, il triestino Giuseppe Martinovich, dopo essersi assicurato che tutti i 19 uomini dell’equipaggio avevano abbandonato la nave, da vecchio lupo di mare e uomo d’altri tempi rimase a bordo e, sopraffatto da un’onda improvvisa, scomparve per sempre tra i flutti.

Gli uomini dell’equipaggio si salvarono tutti, grazie anche all’audacia di Paolo D’Angelo, all’epoca poco più che ventenne, che quando il cargo norvegese calò una scialuppa di salvataggio aiutò tutti i suoi compagni a raggiungerla a nuoto.
Sono venuta a conoscenza di questa incredibile storia, dal sapore amaro e triste, soltanto alla morte di Paolo ‘Siccione’ D’Angelo. La mia curiosità mi ha spinta a fare ricerche nell’immenso ‘mare’ di internet ed ho trovato (ed acquistato) le foto del relitto del Peppinella che giace ancora oggi adagiato sul fondale della Manica, a trenta metri di profondità, col suo comandante.
Il Peppinella è ancora lì, ma i sogni di un futuro migliore per Manfredonia, ne sono sicura, non sono naufragati quel giorno, ma appartengono ancora a tutti i sipontini.
di Maria Teresa Valente








