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I colori non si dimenticano

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Abbiamo appreso che, Pasquale Trotta e Matteo Stoppiello, il prossimo anno saranno in quel di San Severo. Loro sono due bandiere della Manfredonia biancoazzurra, due simboli che si sono caricati le vicende sportive della nostra beneamata quando i tempi non erano rosei, e, malgrado tutto, sono stati artefici della rinascita con le presidenze di De Nittis-Collicelli-Rotice-D’Alba.
Matteo Stoppiello ha combattuto come un leone in quel terribile campionato di Serie D, girone H, della stagione 2017/18. A Gragnano, dopo l’ennesima sconfitta, raccolse l’applauso del pubblico che con la dovuta enfasi, ci invitava a non mollare e a ritornare in Serie D.
Paki Trotta è il capocannoniere indiscusso dei sipontini, con le sue reti che risuonano ancora come un campanello d’allarme per i portieri avversari. Pasquale ha segnato e ha fatto sognare, e dobbiamo essergli riconoscenti per come ha saputo dimenarsi in tornei dove la tecnica era pura astrazione.
Vederli giocare in un’altra squadra sarà malinconico, ma così è il calcio: si fanno delle scelte e si continua per la propria strada. E in questi tempi di crisi di governo, incendi, temperature record, guerra in Ucraina, discettare di futbologia (usando l’idioma sudamericano e non quello anglosassone), diventa quasi una liberazione, un sovra pensiero anzi un meta pensiero necessario, visto che in questi giorni vanno di moda a Manfredonia gli incontri filosofico-letterari.
Da noi ci vorrebbe un “Cafè del Flore” (dato che ormai siamo avvezzi alla “cultura”), dove Guillame Apollinaire, nel 1912, fondò con André Salmon, la rivista letteraria “Les Soirées de Paris“, facendo del locale una sorta di ufficio. Oppure una Closerie de Lilas, che ospitava a Parigi discussioni sull’arte e sulla letteratura, una sorta di principato, condotto dal “principe” dei poeti di allora Paul Fort.


Il calcio ha una sorta di vis icastica, e cioè una efficacia rappresentativa senza uguali e la letteratura calcistica non è da meno a qualsiasi altro tipo di espressione narrativa. Vorremmo citare come esempio i libri di Osvaldo Soriano (Triste, solitario y final, o Il rigore più lungo del mondo) o di Gianni Clerici (tra tutti, Zoo. Storie di bipedi e altri animali, racconti).


Una partita che nasce male “l’annusi dall’inizio” e dobbiamo argomentare che Paki e Matteo sono stati tra quei giocatori che hanno saputo ben interpretare le sorti di una gara, cambiandone lo svolgimento.
Con loro vanno via anche il bravo Salvemini e il soverchiante Palumbo; una sorta di rivoluzione allora che coinvolgerà la beneamata proprio in occasione della celebrazione dei 90 anni.


Leggiamo con piacere che la nuova società ha mire espansionistiche, e pare che le intenzioni sarebbero quelle di vincere il campionato. Non sarà facile sostituire chi andrà via, ma sappiamo che la cordialità e l’ospitalità non mancano ai Sipontini, e quindi chi verrà avrà il sostegno degli appassionati.


Ora il tramonto sul Tirreno diventa di fuoco e ci accingiamo a ripercorrere la via del ritorno e a chiudere queste quattro righe, mentre siamo sulle rive del Sarno, di fronte allo scoglio di Rovigliano che la leggenda vuole originariamente chiamata Petra Herculis, secondo la quale Ercole, tornando dalla Spagna dalla decima delle sue dodici fatiche, prima di fondare le città di Ercolano, staccò la cima del monte Faito, scagliandola in mare, formando così l’isolotto.
Per chi non è avvezzo a queste lande, a Gragnano (e quindi ritornando al punto di partenza) si può gustare dell’ottimo nettare (fatto però con vitigni locali) e dell’ottima pasta (scialatielli, paccheri e penne non rigate, purchè trafilate al bronzo, in quanto hanno un aspetto più rugoso rispetto a quella ottenuta col teflon, il che le permette di essere maggiormente porosa e di mantenere inalterate quelle che sono le qualità nutritive del prodotto finale). Se poi ci si vuol spostare più in alto consigliamo la mozzarella di Pianillo, una località sospesa tra i golfi di Napoli e Salerno. E nella frazione di Bomerano a ridosso di Furore si ammira la cima Coppi dove il campione italiano, nel 1955, firmò una delle sue imprese e da dove parte il Sentiero degli Dei.
Jean Paul Sarte diceva che: “Il calcio è una metafora della vita”, e secondo l’antropologo Bruno Barba il calcio contiene tanto della nostra vita: «è danza, guerra, linguaggio, letteratura, competizione, caso, simulazione, vertigine. Ancora, è politica e business, poesia e scienza». Relegare il calcio a mero fenomeno edonistico sarebbe un errore.
Essendo chi scrive un cocciuto “sipontino” di “sciabbica” e di “vanga” (il nome Siponto per i compaesani di “suse”, deriva da Sepiunte, Σιπιούς, o Sepius per l’abbondanza di seppie pescate in passato in questa località, e non in quella di Pedemonte), non piacciono i trucchetti dei mestieranti della penna di seconda ruota, anche perchè chi scrive seriamente di calcio, scrive anche della vita.

Giovanni Ognissanti

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