Storia

GarganodaScoprire: “La ribellione di Spartaco che portò alla famigerata Battaglia del Gargano”

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LA RIBELLIONE DI SPARTACO CHE PORTÒ ALLA FAMIGERATA BATTAGLIA DEL GARGANO.

Amiamo raccontare storie. Belle storie. Che ci permettono di osservare con occhi diversi il nostro territorio. “Osservare” è diverso da “vedere”. Quando si osserva si scoprono cose sorprendenti.

Passeggiando per le strade di San Severo, sovente ci si imbatte in materiale lapideo di età romana. Epigrafi ma anche rilievi di carattere funerario come quelli presenti alla base della torre campanaria della chiesa di San Giovanni Battista, come materiale di reimpiego.

Di età imperiale, i due rilievi sono oggetto di studi fin dal ‘700 e più nello specifico indagati dal Bartoccini, che nel 1930 ebbe il grande merito di riconoscere nei rilievi dei “munera gladiatoria”.

Il significato originario di “munus” equivale a dono, ufficio, dovere e sottolinea la mancanza di limitazione data alla magnanimità privata in tal campo; l’occasione dei “ludi”, originari della Campania, era inizialmente costituita dai funerali le cui spese gravavano sui privati; successivamente, dal 105 a.C., gli spettacoli divennero pubblici, protraendosi fino al 404 d.C., mentre Domiziano aveva precedentemente abolito i munera privati.

Si tratta di due blocchi in pietra calcarea forse provenienti dalla vicina Apricena, di forma rettangolare, non molto compatta e soggetta a sfaldamento: quello della foto n. 2 ha dimensioni maggiori, presenta altezza massima di 0.71 m, lunghezza 1.02 m, spessore misurabile 0.40 m; sul lato sinistro c’è un tassello sporgente in quanto la scena, probabilmente, doveva continuare su un’altra lastra. Il rilievo della foto n. 3 misura in altezza 0.67 m, in lunghezza 0.95 m e ha spessore di 0.38 m.

Antonella Curtotti, in un suo articolo, ci spiega che grazie alla ricostruzione riproposta proprio dal Bartoccini possiamo individuare nel primo blocco un combattente visto di profilo, a riparo dello scudo, pronto a riprendere la lotta col guerriero che, volto dall’altro lato, dopo aver gettato lo scudo, alza l’indice della sinistra per chiedere la “missio” (ossia la liberazione) o il colpo mortale a seconda del desiderio del pubblico. Per confronti con i mosaici rinvenuti in una villa romana a Zliten in Tripolitania del I sec. d.C., risultano due “murmillones”. Da Augusto in poi, infatti, i gladiatori si distinguevano in prigionieri, criminali o schiavi, a seconda delle varie classi e del tipo di costume e armatura. I mirmilloni erano i gladiatori con i fisici più possenti.

La seconda coppia, vestita allo stesso modo, con corta daga ed elmo crestato, ha sospeso il combattimento per la sconfitta dell’individuo di destra che solleva il braccio per chiedere la “missio”, dopo aver lasciato lo scudo; forse si tratta di “samnites” (sanniti, antico popolo italico).

Nell’altro blocco, il primo combattente alza l’indice per invocare la “missio”, mentre l’avversario resta in attesa; per la mancanza dell’elmo, per la presenza del “galerus” (ala bronzea fissata alle spalle), nel primo guerriero è possibile riconoscere un “retiarius” (gladiatore che usa equipaggiamento da pescatore) che forse ha gettato il tridente a terra, nell’altro il “secutor”, detto in tal caso, “contraretiarius” (gladiatore che si opponeva al “retiarius”).

L’ultima coppia ci offre uno scontro ancora in corso tra un “hoplomachus” (varietà della classe dei “samnites”, gladiatore pesantemente armato) e un trace, guerriero famoso per la sua eleganza.

Purtroppo i nostri rilievi che un tempo (forse ancora nel periodo degli studi del Bartoccini) dovevano descrivere con sufficiente precisione i dettagli dell’armatura, oggi appaiono estremamente corrosi e non presentano alcun riferimento epigrafico che consenta di sciogliere in modo definitivo i problemi interpretativi, in passato campo di false congetture.

Ma il gladiatore trace ci rammenta una storia che pochi sanno e ci fornisce occasione per raccontarla.

La storia è poco conosciuta ma parte da un personaggio ormai leggendario che invece tutti conoscono: Spartaco, il gladiatore e condottiero trace. Per alcuni storici fu solo un bandito, per altri un eroe della libertà. Ma la rivolta animata da Spartaco nel 73 a.C. fu una delle minacce più gravi che la Roma repubblicana si trovò ad affrontare nel corso della sua storia. Il giorno in cui fu condotto a Roma per esservi venduto, «uno schiavo trace vide in sogno un serpente che gli si attorcigliava sul viso. La sua donna, una sacerdotessa di Dioniso, vaticinò che l’inquietante visione indicava un potere a cui sarebbe seguita una fine sventurata». Il nome di quella donna non si è mai saputo, ma quello dello schiavo sì: Spartaco. Il sogno di Spartaco è raccontato dallo storico greco Plutarco nella sua “Vita di Crasso”. A creare per primi il mito dell’invincibile gladiatore che attentò all’impero furono proprio gli autori classici.

La ribellione di Spartaco portò alla “Battaglia del Gargano”. Fu una battaglia della Terza Guerra Servile combattuta nel 72 a.C. presso il promontorio garganico (non si conosce esattamente il luogo preciso), tra le forze romane comandate da Lucio Gellio Publicola e gli schiavi ribelli comandati dal gladiatore Crixo (o Crisso), distaccatosi con la parte dei Celti e dei Germani dall’esercito di Spartaco.

Crixo aveva a disposizione 30000 uomini (per alcuni storici 20000). Questi ultimi furono sconfitti dai Romani e lo stesso Crixo fu ucciso da Quinto Arrio, il propretore di Gellio.

Molti combattenti celti e germani si ritrovarono dispersi per i territori garganici. Quale fu la loro sorte? Riuscirono a sopravvivere e a mescolarsi con la popolazione locale? Lasciarono traccia della loro cultura e delle loro tradizioni? Forse la presenza sul Gargano di elementi che richiamano tradizioni celtiche, la durezza di alcuni suoni in alcuni dialetti garganici e un certo tipo di folklore possono rappresentare un indizio intrigante.

Noi amiamo proporre nuovi spunti di riflessione e storie attraverso le quali approfondire ancora di più quella di un territorio unico.

Foto delle lapidi: archivio di Giuseppe DELL’OGLIO.

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