Federico Aldrovandi oggi avrebbe compiuto 35 anni. Suo padre: “Parlami, ovunque tu sia”

Federico Aldrovandi oggi avrebbe compiuto trentacinque anni. Il suo nome, oramai, è consegnato alla storia, alla cronaca più cruda di questo Paese. La sua vicenda, assieme a quella di Stefano Cucchi, ha acceso le luci sul fenomeno dei reati e degli abusi delle forze dell’ordine. Si tratta di fenomeni di malapolizia, secondo molti professionisti che si sono occupati negli anni di questi casi. La vicenda di Federico, come in una brutta favola nera, si apre e si chiude nella notte del 25 settembre 2005, a Ferrara. Federico, da poco più di due mesi, ha 18 anni. 

È morto, inspiegabilmente, quella sera. Secondo i processi: “per eccesso colposo nell’uso legittimo delle armi” durante un controllo notturno da parte di quattro poliziotti della questura di Ferrara: Paolo Forlani, Monica Segatto, Enzo Pontani, Luca Pollastri. I quattro agenti, dalle ricostruzioni, hanno schiacciato a terra Federico con violenza, portandolo all’asfissia posturale e alla morte per soffocamento. Le foto del corpo di Federico, che servirono ai suoi genitori per iniziare una durissima battaglia giudiziaria colma di depistaggi e non detti, raccontano bene cosa successe quella tragica notte a Ferrara. Sul corpo di Federico fu scatenata una violenza indistinta, difficilmente comprensibile e assimilabile al lavoro di protezione e legalità delle forze dell’ordine. Aldrovandi viene dichiarato morto dopo le 6 del mattino. Gli agenti diranno che era invasato e violento. Sulla scena del pestaggio vennero ritrovati due manganelli spezzati. Subito si dirà di un malore, ma le 54 lesioni ed ecchimosi fanno subito pensare ad altro. 

La battaglia giudiziaria, condotta soprattutto dai familiari di Federico, ha confermato che Aldrovandi è morto per il trauma a torace chiuso, provocato dalle percosse da schiacciamento quando era già ammanettato. La Cassazione ha confermato le condanne per omicidio colposo a tre anni e mezzo di carcere per i quattro poliziotti, sospesi dal servizio per soli sei mesi.

Oggi, per ricordare suo figlio, Lino Aldrovandi ha scritto un ricordo sul tempo che passa e sui ricordi che non tornano più. 

Caro Federico, da poco è il 17 luglio 2022. Credo che fra un po’, ti avrei chiamato per augurarti semplicemente “Buon compleanno Federico”. Oggi avresti l’età di un uomo adulto, 35 anni. E chissà quante cose, forse anche belle, intorno a te. E’ proprio vero che se anche il tempo passa, un genitore, orfano di un figlio, nel tuo caso ucciso senza una ragione, una bastarda, infame domenica mattina, sopravvive soltanto.

La “bellezza e la presenza” di altri figli intorno, sarà comunque per quel genitore orfano di un figlio, sempre molto importante, ed anche se in un certo senso lo aiuterà, il sorriso di “quel figlio” ed il suo sguardo gli mancheranno maledettamente. Ognuno di noi è unico ed ha un solo cuore che batte nel petto. E quel cuore non potrà mai essere sostituito. Nel 1987, l’anno in cui nascesti, l’anno in cui toccai il cielo con un dito, usciva una canzone dal titolo “proprio come in paradiso”.

Quel “piccolo paradiso”, qui su questa terra, l’avevamo conosciuto insieme, mio dolce piccolo eterno Federico. Quei tuoi 18 anni, massacrati dalla bestialità umana, giaceranno per sempre invece sull’asfalto di “quella” via silenziosa e indifferente, in tutto e per tutto, della città che ti vide nascere.

Parlami Federico con la tua voce. Il “tuo cuore” sezionato…, nell’ultimo disperato messaggio d’amore, lo fece. Non smettere mai mio piccolo di farlo, ovunque tu sia.

Lino

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