Accade a Foggia, dove i detenuti venivano utilizzati come “contenitori” per il trasporto e lo spaccio di droga in carcere. Il sistema funzionava mediante degli ovuli contenenti stupefacenti ed ingeriti da un detenuto.
A renderlo noto è il Sindacato Polizia Penitenziaria che, attraverso il segretario generale Aldo Di Giacomo stigmatizza un “sistema con il predominio di clan e famiglie che controllano lo spaccio di droga fuori dal carcere” e che si “basa su detenuti più deboli che sono vittime dei capo clan e si prestano ad ogni tipo di comando e vessazione.”