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Dalla Camera arriva l’ok: basta bambini in carcere con le mamme recluse

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Secondo l’Associazione “Antigone”, che si occupa dei diritti dei detenuti, al 31/3/2022 in carcere in Italia vivevano 19 bambini di età inferiore ai 3 anni, in gran parte negli Istituti a custodia attenuata per madri detenuti. Gli ICAM sono in tutto 5 (San Vittore a Milano, la Giudecca a Venezia, Torino, Cagliari, Lauro, che ospita 8 dei 19 bambini). 

L’altro giorno, nell’Aula della Camera, con 241 voti favorevoli e 7 contrari è passata la proposta di legge – che porta la firma del deputato dem Paolo Siani – che punta a promuovere un modello di case famiglie e a escludere che le madri con i figli conviventi di età inferiore ai 6 anni finiscano in carcere. 

Una piccola rivoluzione, che aspetta dal 2019 di essere discussa e varata. La legge tenta di offrire un punto più umano e coerente con i diritti dei bambini. Per molti, infatti, è inconcepibile che i figli delle detenute siano in carcere nei primissimi anni d’età. Lo rivendica, con orgoglio, il segretario del PD Enrico Letta che su Twitter ha scritto: “Mai più bambini in cella con le madri. Una legge di civiltà approvata grazie a Paolo Siani”. 

Salvo esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, qualora questa legge passasse, le donne detenute saranno accolte nelle case protette. Il relatore del provvedimento Verini, subito dopo la discussione, ha aggiunto. “Mai più bambini in carcere: questo è un importante passo in avanti verso la cancellazione di questa inammissibile, vergognosa situazione che si verifica nelle carceri italiane. Il testo approvato tutela i bambini che sono costretti a vivere tra le sbarre insieme alle madri detenute, prevedendo destinazioni presso le case-famiglia o gli istituti a custodia attenuata. Ci auguriamo che il Senato possa esaminare a sua volta il testo della Camera, la cui approvazione definitiva sarà un passo di civiltà e umanità per il nostro Paese”. 

Sul tema, negli anni, sono intervenuti specialisti per denunciare la gravità del caso. Qualche mese fa, sul quotidiano il Foglio, la giornalista Annalena Benini aveva raccontato la condizione dei bambini detenuti, aggravata soprattutto durante e dopo il periodo di covid, quando le celle si sono chiuse definitivamente anche per loro. 

“I bambini che crescono in carcere – ha scritto Benini – hanno problemi di vista. I loro occhi non sanno abituarsi a un orizzonte, perché in carcere un orizzonte non c’è. Ci sono porte di ferro, c’è il cortile con il muro alto, e oltre le sbarre delle finestre c’è un pezzo di cielo a volte, ma c’è sempre anche un altro muro grigio e livido contro cui sbattere anche lo sguardo. I bambini che crescono in carcere giocano senza orizzonte, costruiscono la prospettiva su spazi molto piccoli, e la continua luce al neon causa problemi di sdoppiamento degli oggetti e delle persone e di messa a fuoco. I pediatri devono ordinare la visita oculistica, e molto presto gli occhiali. I bambini che crescono in carcere sviluppano anche problemi di udito, perché i loro rumori non sono i rumori che sentiamo tutti noi, di chiacchiere, strada, vicini di casa, motorini che passano, vento e uccellini, persone che si incontrano, rumore di biscotti messi nel carrello del supermercato, anche canzoncine di padri sotto la doccia, ma ascoltano rumori strani, molto forti, troppo acuti: ascoltano la battitura dei ferri, quando un agente batte la sbarra metallica contro l’inferriata della finestra, o quando le altre detenute battono contro la porta di ferro per farsi aprire, o quando urlano di dolore e rabbia, quando litigano fra loro, e poi ecco il rumore delle chiavi che chiudono e delle chiavi che aprono”. 

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