Cronaca Italia

Saman Abbas: il terribile piano di famiglia svelato in aula

Condanna più dura per lo zio di Saman Abbas: riconosciute le aggravanti di premeditazione e futili motivi nell’omicidio.

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I giudici non hanno più dubbi riguardo all’omicidio di Saman Abbas uccisa il 1° maggio 2021 a Novellara, in provincia di Reggio-Emilia. Per loro, a togliere la vita alla giovane pachistana fu l’intera famiglia. A quattro anni dall’orrore consumato, la giustizia ha riscritto la storia del delitto. Ribaltando in larga parte la sentenza di primo grado, la Corte ha accolto la tesi dell’accusa e condannato all’ergastolo i genitori della ragazza, Shabbar Abbas e Nazia Shaheen, insieme ai due cugini, Noman Ulhak e Ikram Ijaz, precedentemente assolti. Ma non solo: lo zio Danish Hasnain, che aveva guidato gli inquirenti al luogo dove era stato sepolto il corpo della giovane, ha visto la sua pena aumentare a 22 anni di carcere. Una condanna durissima, aggravata dal riconoscimento di premeditazione e futili motivi, esclusi nella prima sentenza di Reggio Emilia. Una sentenza che segna un punto fermo nella tragica vicenda di Saman, diventata simbolo della lotta contro i delitti d’onore.

Saman Abbas: il verdetto finale

Dopo circa tre ore di camera di consiglio, il verdetto è stato letto in un’aula colma di tensione. Giornalisti, fotografi e cameraman hanno assistito in silenzio, trattenendo il fiato mentre il dispositivo veniva annunciato. Nessun applauso, nessuna reazione plateale: solo un silenzio carico di significato. Poco prima della lettura, un gesto forte e simbolico ha scosso l’aula. Una decina di donne – tra cui avvocate di parte civile, cittadine comuni e l’ex sindaca di Novellara, Elena Carletti – hanno esposto un cartello scritto in urdu: “Se domani tocca a me, voglio essere l’ultima.” Parole semplici, ma potentissime. Un messaggio di sorellanza, di ribellione e di speranza. Un segnale della società civile che, davanti all’abbandono subito da Saman, cerca di colmare quel vuoto. Di diventare la famiglia che lei non ha mai avuto, né in vita né dopo la morte. ​La tragica vicenda di Saman Abbas ha avuto inizio nel 2020, quando la giovane, allora 17enne, si oppose a un matrimonio combinato con un cugino in Pakistan, imposto dalla sua famiglia. Rifiutando di conformarsi alle tradizioni familiari, Saman denunciò i genitori per maltrattamenti e fu collocata in una struttura protetta. Tuttavia, nel tentativo di recuperare i suoi documenti, tornò a casa, dove, secondo gli inquirenti, fu attirata in una trappola e uccisa nella notte tra il 30 aprile e il 1° maggio 2021 a Novellara, in provincia di Reggio Emilia. La sua scomparsa fu denunciata dal fidanzato, Saqib Ayub, e le indagini si concentrarono subito sulla famiglia. Il corpo di Saman fu ritrovato solo nel novembre 2022, sepolto vicino all’abitazione di famiglia, grazie alle indicazioni dello zio Danish Hasnain. Il processo di primo grado si concluse nel dicembre 2023 con la condanna all’ergastolo per i genitori e a 14 anni per lo zio, mentre i due cugini furono assolti. In appello, nell’aprile 2025, la Corte d’Assise di Bologna ha ribaltato la sentenza, condannando all’ergastolo anche i cugini e aumentando la pena dello zio a 22 anni, riconoscendo le aggravanti della premeditazione e dei futili motivi. Il caso di Saman Abbas ha acceso i riflettori sulla piaga dei matrimoni forzati e dei cosiddetti “delitti d’onore”, sollevando un dibattito nazionale sulla necessità di proteggere le giovani donne da tradizioni oppressive e violente.

Saman Abbas, uccisa a Novellara nel 2021

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