Uno dei più spaventosi terremoti degli ultimi 1000 anni in Capitanata
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UNO DEI PIÙ SPAVENTOSI TERREMOTI DEGLI ULTIMI 1000 ANNI IN CAPITANATA. AVVENUTO POCO TEMPO DOPO LA DEVASTAZIONE CAUSATA DA QUELLO DI SANT’ANNA.
La stretta coesistenza con i terremoti ha plasmato profondamente la storia e la cultura del Gargano nel corso dei secoli. Le risposte a questi eventi sismici sono state influenzate da dinamiche sociali, con un ruolo chiave giocato dalle istituzioni politiche e religiose, nonché dalle élite locali.
Oggi ci addentriamo nella memoria di uno dei terremoti più spaventosi che abbia mai scosso il promontorio, lasciando un segno indelebile nella storia di Capitanata. Il suo fragore ha provocato terrore e apprensione, estendendosi fino a Montecassino e Napoli.
No, non stiamo parlando del terremoto di Sant’Anna del 1627 (ad oggi il più devastante degli ultimi 1000 anni), ma di quello del 1646, il cui epicentro, secondo gli esperti, è da identificarsi con la Foresta Umbra, con un’intensità massima di 6.3 della scala Richter.
L’abbondanza e la qualità delle informazioni storiche relative ai terremoti variano notevolmente. Lo studio di questi eventi è un’impresa complessa, come dimostrano numerosi casi di studio e articoli metodologici presentati nel corso degli anni da esperti di fama internazionale in questo campo.
La prima menzione conosciuta del terremoto del 1646 è datata 2 giugno 1646 e riguarda il fatto che fu avvertito a Napoli. Come attestano diverse fonti napoletane contemporanee, la scossa fu avvertita il 31 maggio “verso le sette hore di notte”. Si dice che sia durata molto a lungo, tanto quanto recitare alcune delle più lunghe preghiere cattoliche (“due Miserere”, “tre Credi”), forse circa 20-30 secondi o più. Un’altra fonte descrive tre scosse separate nell’arco di 15 minuti (fonte Nuova Relatione).
Il 5 giugno, sia il nunzio pontificio che il console fiorentino a Napoli hanno potuto inviare i primi resoconti dalla Puglia, sui gravi danni e le numerose vittime che il terremoto aveva causato. Il 9 giugno, arrivava una descrizione più completa: “(ha) fatto cadere in più di 20 luochi molte Case, Campanili, e grosse Muraglie di fortezza con morte di mille Persone”.
L’analisi dei danni causati dal terremoto del 1646 è un processo intricato. Gran parte delle testimonianze dell’epoca, redatte entro un mese dall’evento, catalogano le località colpite in categorie generali di danneggiamento, senza fornire una distinzione precisa tra danni lievi e gravi, rendendo difficile valutare l’intensità del sisma in termini precisi.
Descrizioni più dettagliate si trovano in un rarissimo opuscolo giornalistico, Nuova Relatione, stampato a Trani, alla periferia dell’area danneggiata, poco tempo dopo il terremoto.
Per valutare i danni, spesso ci si affida anche a fonti non contemporanee, risalenti da 30 a 120 anni dopo il terremoto. Queste testimonianze possono provenire da racconti tramandati oralmente o da relazioni scritte che sono giunte fino a noi attraverso il passare del tempo.
Il Sarnelli (1680) elenca il numero delle vittime e descrive i danni agli edifici in 6 località. Giuliani (1768) cita un necrologio che elenca 86 vittime a Vieste (ma Baratta, nel 1896, riporta 132 morti a Vieste, citando i registri parrocchiali).
Le informazioni provenienti da queste fonti possono essere raggruppate in tre categorie principali, basate su termini e descrizioni standard: danni gravi e diffusi, caratterizzati dal crollo totale o parziale della maggior parte degli edifici; danni diffusi con il crollo di alcuni edifici; danni diffusi non specificati.
Secondo le fonti a disposizione, a Ischitella diverse abitazioni erano “rovinate e atterrate” e “non vi e’ rimasto altro che trenta persone e tutte stroppiati”.
Sarnelli riporta che “in Ischitella non restarono in piu’ che ventisei case; le altre caddero tutte opprimendo novantasei persone, che vi restarono estinte”.
A Vico del Gargano, si riporta il collasso del convento dei Cappuccini, dettaglio confermato dagli annali locali dei Cappuccini. Il Sarnelli riporta il collasso di 100 abitazioni e 40 vittime.
Rodi Garganico sembra essere stata una delle città maggiormente colpite. In Nuova Relatione si riporta “affatto spianata, con grandissima mortalita’ degli habitanti d’essa, de’ quali non si puo’ saper’ il numero certo, per esser luogo assai popolato; ma alcuni di quelli, che sono restati, dicono sia il numero di trecento circa […] ma Vico, e Rodi bisogna ergerli di nuovo dalli fondamenti”.
Vieste “rovinata affatto […] con la morte d’infinite persone, delle quali non si sa’ il numero, per esser 210 rimasti sotto le pietre”. E poi “cadero […] da cento cinquanta Case, e il castello fu’ rovinato, e spiantato affatto, che non si scorge altro”.
Peschici, anch’essa tra le più colpite, secondo Girolamo da Sorbo e Clemente da Napoli, “Peschise e’ cascato quasi tutto”.
Le devastazioni causate non si limitarono al solo promontorio del Gargano, ma si estesero anche all’interno, raggiungendo ad ovest gli Appennini dauni, poi ancora la pianura della Capitanata e le Isole Tremiti.
Le testimonianze contemporanee concordano nell’elencare i siti garganici: Manfredonia, Monte Sant’Angelo, Rignano Garganico, San Giovanni Rotondo, San Marco in Lamis, San Nicandro Garganico, “rovinate piu’ della meta’…”, come anche a Torremaggiore dove i danni non furono trascurabili.
In Capitanata, Troia e Serracapriola hanno subito danni peggiori rispetto a Bovino e Ascoli. A Foggia “rovinarono sei Case, ma solamente con la morte di due persone” e il convento dei Cappuccini è stato fortemente scosso.
Il Sarnelli riporta che “gli Orti di Carpino si trovarono pieni delle conchiglie del lago” probabilmente a causa di un’onda d’urto che fece straripare il vicino lago di Varano. Secondo Cardassi (XVII secolo), i marinai riferirono che un’improvvisa mareggiata fu avvertita anche dalle imbarcazioni più grandi. Queste testimonianze non sono però sufficienti per affermare che si verificò uno tsunami; per questo motivo il terremoto del 1646 non è stato incluso nel più recente catalogo degli tsunami italiani di Maramai.
Una lettera scritta a Napoli il 12 giugno menziona il verificarsi di ampie crepe nel terreno, a Monte Sant’Angelo, Ischitella e San Giovanni Rotondo. Girolamo da Sorbo e Clemente da Napoli menzionano la fuoriuscita di acqua dalle cisterne a Rodi Garganico.
Nonostante il terremoto del 1627 resti quello più impresso nella memoria storica del nostro territorio, la furia devastatrice del terremoto del 1646 non fu evidentemente da meno.
Gargano da Scoprire