Storia

GarganodaScoprire: Santa Maria di Selva della Rocca, tra cavalieri teutonici e allineamenti astronomici

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SANTA MARIA DI SELVA DELLA ROCCA: TRA CAVALIERI TEUTONICI E ALLINEAMENTI ASTRONOMICI.

Sul versante nord-occidentale del Gargano, su un’altura avvolta da una vegetazione selvaggia e quasi impenetrabile, svetta solitaria la Chiesa di Santa Maria di Selva della Rocca, situata nel territorio di Apricena.

L’edificio, sventrato dall’abbandono e dall’incessante fluire di un tempo implacabile, è circondato dai frantumi di un’antica cinta muraria e dai resti sparsi di ambienti monastici e di servizio, testimoni mutevoli di un passato che si svela attraverso le rovine.

Prima dell’anno Mille, l’area del Gargano vantava una significativa presenza benedettina. Importanti centri monastici come Montecassino e San Vincenzo al Volturno possedevano qui diverse dipendenze, includendo chiese, abitazioni, mulini e peschiere, contribuendo a plasmare il carattere storico e religioso di questa regione.

Nell’XI secolo, si verifica un vibrante sviluppo di insediamenti monastici autonomi, tra cui spiccano San Giovanni in Piano, Santa Maria di Ripalta sul Fortore, San Giovanni in Lamis, la SS. Trinità di Montesacro, Santa Maria di Calena e Santa Maria delle Tremiti. In questo contesto, non possiamo trascurare il quasi dimenticato monastero di Santa Maria della Rocca, la cui storia s’intreccia con le vicissitudini del ‘castrum’ di Monte Rotaro. Quest’ultimo, uno dei centri medievali fondati dai Longobardi nella Capitanata, sorge lungo la linea del Fortore, subendo un declino a partire dal XIV secolo fino al suo disfacimento.

La cessazione dell’attività della comunità monastica non pose fine alla vitalità del santuario che, insieme al territorio circostante, divenne parte del feudo Belvedere. Quest’ultimo rappresentava uno dei possedimenti più rilevanti dei Cavalieri Teutonici, stabilitisi a San Leonardo di Siponto fin dal 1260. Nel corso dei secoli, il santuario, un luogo di pellegrinaggio, mantenne la sua importanza e, successivamente, venne incluso nell’itinerario del pellegrinaggio annuale che comprendeva anche i vicini santuari di San Nazario e San Michele sul Gargano.

Fra le rovine, ancora oggi emerge vicino alla cinta muraria la struttura conica sormontata da un’alta canna fumaria della cosiddetta “focagna”. Le imponenti dimensioni suggeriscono l’esistenza di un sistema di riscaldamento, essenziale per fronteggiare il clima “estremamente freddo del luogo”, durante il periodo invernale.

L’edificio sacro di Selva della Rocca, presenta attualmente una pianta a forma di ‘T’, derivante dall’unione di due spaziosi vani laterali a un’unica navata monoabsidata. L’osservazione delle mura perimetrali, che definiscono il volume della struttura (insieme all’analisi delle tecniche costruttive) suggerisce che la configurazione attuale dell’edificio religioso è il risultato di almeno tre fasi di costruzione.

Il nucleo originario dell’edificio era probabilmente rappresentato dal settore centrale dell’attuale fabbrica, ovvero dal corpo principale della navata e dall’abside che la concludeva sul lato orientale.

Interessante è l’orientamento più o meno lungo l’asse Est-Ovest, anche se non corrispondente al criterio del “Sol Aequinoctialis”, che consisteva nell’utilizzare il punto di levata del sole quando la sua declinazione è pari a zero, ovvero in occasione degli equinozi (l’azimut della chiesa è di circa 99° E).

Nel Medioevo, molte strutture sacre furono progettate a forma di croce con l’abside orientata a est. L’ingresso principale era quindi posizionato sul lato occidentale, in corrispondenza dei piedi della croce, in modo che i fedeli, entrati nell’edificio, camminassero verso oriente, simboleggiando l’ascesa di Cristo sulla Croce.

La pratica di costruire chiese orientate in base agli astri ha radici antiche, risalenti all’epoca precristiana. Gli astri, da sempre, hanno guidato l’umanità nei momenti cruciali della vita. Con l’avvento del cristianesimo, molti elementi del culto solare pagano sono stati adattati al nuovo culto cristiano, inclusa l’orientazione delle chiese. Il sole, associato a Gesù, è stato simbolizzato in varie forme come il ‘Sol Invictus’, il ‘Sol Salutis’ e il ‘Sol Justitiæ’.

Gli affreschi attualmente visibili sono riconducibili alla seconda fase di costruzione, conservati sotto lo strato di intonaco bianco che attualmente ricopre ampie sezioni delle pareti interne, cancellando in gran parte le precedenti pitture.

Per quanto riguarda l’ultima fase di costruzione identificata nel sito, la sopraelevazione della navata e le modifiche apportate al coro della chiesa sembrano essere il risultato di interventi eseguiti probabilmente tra il XVII e il XVIII secolo.

Questi interventi sono chiaramente motivati da una parziale distruzione dell’edificio, presumibilmente causata dal devastante terremoto del 1627, il cui impatto fu particolarmente grave nell’intera area garganica e nel Tavoliere (anche di questo argomento abbiamo trattato in diversi post).

La fervente devozione popolare verso la Madonna della Rocca può giustificare l’impegno nel ripristinare l’antico edificio, nonostante la sua ubicazione in un’area scarsamente accogliente. Alla fine del XVII secolo, Mons. Laurentii, vescovo di Venosa, inviato a San Leonardo di Siponto per indagare sulla gestione del patrimonio dell’abbazia, descriveva il luogo come estremamente freddo e selvaggio. A tal punto che persino gli animali al pascolo ne soffrivano terribilmente, tanto che egli suggeriva l’opzione di affittare l’area e condurre gli animali a pascolare altrove.

Durante la prima guerra mondiale, parte della struttura fu distrutta e divenne rifugio per i disertori. Fortunatamente, grazie a Nicola Pitta (con i suoi disegni), possiamo ancora ammirare l’elegante trama di arcatelle intrecciate, sorrette da colonnine con fusti elaborati, che ornava il santuario.

Nel 1997 è stata condotta un’indagine approfondita su Santa Maria della Rocca, coinvolgendo diverse prospettive di ricerca. Nel 2006, durante la delineazione del contesto storico e territoriale del sito medievale di Monte Rotaro, è stato tracciato un collegamento tra la famiglia De Rocca, che deteneva il dominio, e le origini insieme alla storia del monastero di Santa Maria della Rocca. Solo alcuni anni fa, il sito abbandonato di Santa Maria della Rocca è stato soggetto a un’accurata ricognizione di superficie e a un’analisi archeologica.

Foto di Giovanni BARRELLA e Andrea GRANA

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